lunedì 14 ottobre 2013

Il poster italiano di GIOVANE E BELLA e l'intervista a FRANCOIS OZON, dal 7 Novembre nei cinema distribuisce BiM.

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Arriva il prossimo 7 Novembre nei cinema italiani distribuito da BiM il nuovo film di Francois Ozon 'Giovane e Bella' presentato all'ultimo Festival di Cannes, il ritratto di una ragazza di 17 anni nel corso di 4 stagioni e altrettante canzoni. Ecco il poster italiano ufficiale e l'intervista al regista Ozon (Nella Casa, Potiche, Il tempo che resta, Swimming Pool, 8 Donne e un Mistero e Amanti Criminali), diffusa da BiM:
 
L'Intervista a Francois Ozon:
Qual è il punto di partenza di GIOVANE E BELLA?
Dopo NELLA CASA, e il piacere che ho provato nel dirigere Ernst Umhauer e Bastien Ughetto, ho avuto voglia di lavorare ancora con attori giovani. I miei primi lungometraggi e cortometraggi parlavano molto dell’adolescenza, ma a partire da SOTTO LA SABBIA ho lavorato quasi esclusivamente con attori più grandi. L'ispirazione alla base di GIOVANE E BELLA viene da questo mio desiderio di filmare la gioventù di oggi. E poiché avevo appena lavorato con dei ragazzi, ho avuto voglia di lavorare con una ragazza.
Isabelle non è una ragazza qualsiasi, si prostituisce…
Il tema al centro del mio film ruota attorno alla domanda: cosa vuol dire avere 17 anni e sentire il proprio corpo che si trasforma?
Spesso al cinema l'adolescenza è molto idealizzata. Per quanto mi riguarda, è stato un periodo complicato, di sofferenza e di transizione, di cui non ho alcuna nostalgia. Non volevo rappresentare l'adolescenza solo come momento sentimentale, ma anche e soprattutto come momento quasi ormonale: qualcosa di forte accade in noi a livello fisiologico, eppure siamo come anestetizzati. Quindi violentiamo il nostro corpo per riuscire a sentirlo e spingere all'estremo i limiti. La prostituzione era un modo come un altro per esacerbare questo aspetto, per mostrare che l’adolescenza pone soprattutto interrogativi sulla propria identità e sulla propria sessualità. Una sessualità che non è ancora connessa ai sentimenti.
Isabelle proviene da un ambiente agiato, non vende il suo corpo per impellenti necessità economiche...
Non si prostituisce per sopravvivere o per pagarsi gli studi, ma perché sente un bisogno viscerale di farlo. Avrebbe anche potuto essere drogata o anoressica: l'essenziale era che scegliesse qualcosa di segreto, di clandestino, di proibito. L’adolescenza è un periodo selvatico in cui tutto è possibile. È anche questo sentimento di esaltazione che emerge nella poesia di Rimbaud Quando hai 17 anni non fai sul serio. È l'età dell'apertura al mondo, senza considerazioni morali. Prostituendosi, Isabelle fa un'esperienza, un viaggio, e tuttavia non si tratta di una perversione.
Più che esplorare il piacere, Isabelle si scontra con la sua incapacità di sentire, in particolare nel momento in cui perde la verginità...
È stato parlando con Marina de Van che mi è venuta l'idea dello sdoppiamento in un momento cruciale per lei, quando ha il suo primo rapporto sessuale. È una sensazione che capita di provare sia ai ragazzi sia alle ragazze, quando scoprono la propria sessualità: sei lì, ma allo stesso tempo sei altrove, come se fossi un osservatore esterno. E quella scena permette di preparare lo spettatore alla doppia vita di Isabelle.
Il film comincia con l'immagine di Isabelle vista attraverso il binocolo dal suo fratellino. È subito considerata come un oggetto da questo sguardo che «viola» la sua intimità…
Assolutamente. Il comportamento di Isabelle suscita sguardi e ha forti ripercussioni sul suo entourage. L’idea era fare in modo che ogni stagione iniziasse dal punto di vista di uno dei personaggi: l'estate dal punto di vista del fratello, l'autunno dal punto di vista del cliente, l'invero da quello della madre e la primavera da quello del patrigno, anche se in tutte e quattro le stagioni la prospettiva devia rapidamente verso Isabelle. Volevo che il film si sviluppasse in una serie di spirali, strutturate attorno alle quattro stagioni. Un po' come in CINQUEPERDUE - FRAMMENTI DI VITA AMOROSA, mi sono concentrato su alcuni momenti specifici per tentare di comprendere cosa accade.
C'è anche una canzone di Françoise Hardy per ogni stagione...
Sì, mi piace fissare una cornice formale all'interno della quale poi mi concedo una libertà totale. Volevo assolutamente che l'arco temporale della storia seguisse un anno scolastico. E le canzoni dovevano fungere da punteggiatura, da momenti di sospensione. È la terza volta che utilizzo dei brani di Françoise Hardy, dopo Traüme in GOCCE D'ACQUA SU PIETRE ROVENTI e Message personnel in 8 DONNE E UN MISTERO. Quello che amo in particolare nelle sue canzoni è la sua capacità di trascrivere l'essenza dell'amore adolescenziale, un amore infelice, disilluso, romantico. Trovavo interessante sincronizzare quella visione iconica con il ritratto più crudo di questa adolescente. Nel profondo del cuore, Isabelle ha anche voglia di aderire al modello di un'adolescenza sentimentale e idealizzata che i suoi genitori auspicano per lei, ma prima di potersi innamorare ha bisogno di trovare se stessa, di confrontarsi con i desideri conflittuali che la attraversano.
Le scale mobili della metropolitana, il corridoio dell'albergo... Lei gioca con i luoghi che ritornano, con la ripetizione dei tragitti che conducono Isabelle dai suoi clienti...
Come in ogni esperienza clandestina, si crea un rituale, con consuetudini e luoghi ricorrenti. Ed è proprio questo che piace a Isabelle: entrare in contatto con qualcuno su Internet, riflettere sulla persona che sta per incontrare lungo il tragitto che percorre, fissare la tariffa... Lo dice allo psicanalista: non sente quasi nulla, ma quello che la eccita è il lato avventuroso della prostituzione, l’esaltazione di un'esperienza proibita che spezza la routine della sua vita da adolescente. In questo si ricollega ad altri personaggi dei miei film che provano questo desiderio di evasione dalla realtà. Tant'è che alla fine alcuni spettatori pensano che ricomincerà a prostituirsi, che abbia sviluppato una dipendenza, come da una droga.

La prostituzione adolescenziale è un fenomeno sociale attuale. Come è riuscito ad affrontare questo argomento senza cadere nell'indagine sociologica?
Ovviamente ho svolto le mie ricerche, anche perché le cose sono cambiate dai tempi in cui ero adolescente io, in particolare nei mezzi di comunicazione che oggi, grazie ai cellulari e a Internet, svolgono un ruolo fondamentale nella scoperta della sessualità. Ai miei tempi, c'era il Minitel! Quindi mi sono documentato, incontrando gli agenti di polizia della sezione di tutela dei minori, altri specializzati nelle nuove forme di prostituzione e lo psicanalista Serge Hefez, che segue da anni gli adolescenti in situazione di disagio. Avevo bisogno di approfondire questa materia per trovare conferma alle mie ipotesi e alimentare il film. Ma poi ho dovuto allontanarmene e introdurre gli elementi di finzione.

Il padre di Isabelle è assente, ma lei non utilizza questa assenza come motivo per una spiegazione psicologica del suo comportamento.
No, io pongo solo delle basi sulle quali le persone possono scegliere se soffermarsi o meno. Le ragioni del comportamento di Isabelle sono molteplici e ognuno può interpretarle come vuole. Mi piace lasciare questa libertà allo spettatore. Io stesso considero questa ragazza una sorta di mistero. Non ho alcun vantaggio su di lei, mi accontento di seguirla, come un entomologo che a poco a poco si innamora della sua creatura. Lei stessa dice pochissime cose. L'unico momento in cui parla è nel corso della sua seconda visita dallo psicoanalista. Il mio obiettivo era restare nell'accompagnamento e nell'identificazione. Possiamo riconoscerci in molti dei quesiti che si pongono sia Isabelle sia i suoi genitori, probabilmente perché sono alimentati dalla realtà e incarnati in modo molto efficace da attori giusti. Ogni personaggio viene destabilizzato da una situazione complessa e cerca di fare del suo meglio per destreggiarsi in quella circostanza difficile.
Come ha affrontato le scene di sesso?
Mi sono prefisso di essere realistico, ma non degradante, né sordido. Non volevo dare giudizi morali. Certo, alcuni clienti hanno delle devianze, ma mi interessava soprattutto mostrare come Isabelle vi si adatti. Isabelle è il ricettacolo del desiderio degli altri, benché lei stessa non conosca il proprio. Per certi versi, le sta bene che gli altri abbiano dei desideri al posto suo. Non volevo ingentilire la realtà, ma è anche vero che forse è Isabelle stessa che la ingentilisce.
C'è un cliente un po' diverso dagli altri, Georges...
Sì, tra Isabelle e Georges avviene un vero e proprio incontro. È possibile che lei provi piacere con lui. Lui la tocca, la guarda, il loro rapporto è tenero e per niente meccanico come lo è invece quello che lei ha con gli altri clienti. Malgrado la sua età, Georges possiede ancora una grande dote di seduzione. E una sessualità possibile. È per questo che ho scelto Johan Leysen per incarnarlo. Volevo che la sua capacità di piacere a Isabelle fosse credibile. Johan Leysen ha un bellissimo volto vissuto e una voce e un accento affascinanti. Ha il fisico di un attore americano, alla Clint Eastwood!
Come è arrivato a scegliere Marine Vacth per interpretare Isabelle?
Come era successo per il giovane protagonista di NELLA CASA, mi sono subito reso conto che era meglio lavorare con un'attrice un po' più grande rispetto al personaggio in modo che avesse una maturità e una distanza nei confronti del ruolo.
Avevo notato Marine in MA PART DU GÂTEAU di Cédric Klapisch. Appena l'ho conosciuta, ho visto in lei un'estrema fragilità e al tempo stesso una grande forza. E soprattutto una fotogenia che andava ben oltre la fotogenicità della mannequin. Ho ritrovato con lei quello che avevo percepito filmando la consistenza della pelle e il volto di Charlotte Rampling per SOTTO LA SABBIA: dietro al loro aspetto fisico c'è qualcosa che va oltre. La bellezza evidente della facciata cela un mistero, un segreto, e suscita una curiosità, un desiderio di conoscenza.
È il suo primo grande ruolo...
È un ruolo impegnativo, abbiamo lavorato molto in fase di preparazione, facendo delle letture, provando con gli altri attori. Ho fatto in modo di integrarla il più possibile nella costruzione del film, rendendola partecipe nella scelta dei costumi e facendole seguire le varie trasformazioni della sceneggiatura. Era fondamentale che si fidasse di me, che sapesse dove stavamo andando e che si creasse un clima di complicità con i suoi partner, in particolare con Géraldine Pailhas e Fantin Ravat. Il fatto di essere anche modella le dà una grande libertà nel gestire il suo corpo, che diventa simile a uno strumento. Non ha il pudore che hanno certe attrici.
Anche il personaggio della madre è molto importante…
Sì, a un certo punto volevo davvero spostare l'attenzione su di lei, vedere come reagisce rispetto alla vita non amorosa, ma sessuale di sua figlia. Sono quesiti che si pongono tutti i genitori, che ovviamente qui sono accentuati dalla prostituzione. Cosa risveglia in un genitore l'ingresso della sessualità nella vita del proprio figlio? Quali paure? Quali angosce? E fino a che punto un genitore ha diritto di essere informato della vita privata di suo figlio, fino a dove  ha il diritto d’intervenire?
Come ha strutturato il rapporto madre-figlia?
Volevo che fossero molto vicine per età, evitando tuttavia che la madre fosse una madre-amica. E anche che fosse una madre apparentemente «perfetta», affinché non si individuassero le ragioni della prostituzione di Isabelle nelle conseguenze del loro rapporto.
È una donna molto moderna, che assomiglia alle madri della mia generazione. Volevo che fosse bella, che avesse una sessualità armoniosa e che non ci fosse alcuna rivalità tra lei e la figlia, contrariamente a quanto si vede spesso nel cinema oggi. L'elemento fondante del loro rapporto non è in questo. Anche quando sorprende sua figlia con il patrigno, non si sente messa in discussione nella sua femminilità. Non mi interessava raccontare la storia di una ragazza che vuole prendere il posto di sua madre. Detto questo, Isabelle può avere un aspetto diabolico. Possiamo comprendere che l'amica di sua madre non voglia che sia suo marito a riaccompagnarla…
Il timore di Nathalie ci dice di più sul meccanismo del desiderio che sulla psicologia di Isabelle...
Assolutamente. L’idea che Isabelle possa comportarsi come una «puttana» e contaminare tutti è presente innanzitutto nello sguardo delle persone che circondano la ragazza. Non è detto che lei ci pensi, ma sono gli altri a pensarlo. La sua bellezza e la sua sensualità li costringono a confrontarsi con l'ipocrisia del loro desiderio.
Isabelle rimprovera a sua madre non tanto di avere un amante quanto di tenerglielo nascosto, di non fidarsi di lei…
L’adolescenza è un periodo crudele anche perché i figli scoprono che i genitori non sono gli eroi che avevano immaginato e che hanno tenuto loro nascoste delle cose e hanno mentito. Gli adolescenti hanno bisogno di verità, di sincerità, e si rendono conto che il mondo degli adulti è fatto di menzogne e ipocrisie. Da questo scaturisce l'aggressività nei confronti di quei genitori che sono caduti dai loro piedistalli.
Quando la madre picchia la figlia, siamo più commossi che scioccati dal suo gesto…
Ne ho molto parlato con alcune amiche. Ho chiesto loro come reagirebbero se scoprissero, come la madre di Isabelle, che la loro figlia si prostituisce. La maggior parte di loro mi ha risposto: «Sarebbe spaventoso, mi rimetterei in discussione, cercherei di capire...». Privilegiavano l'aspetto positivo, comprensivo. Ma una di loro, che ha avuto una figlia drogata, mi ha confessato che quando l'aveva scoperto l'aveva menata. Mi è sembrata una reazione giusta. Quando i genitori non sanno più che pesci pigliare, non sanno più cosa dire ai figli adolescenti spesso chiusi in se stessi, le botte vengono naturali. Géraldine, che è una madre, era perfettamente d'accordo con quella reazione, ma ci teneva che il suo personaggio si rendesse conto della natura impulsiva del suo gesto e provasse il bisogno di scusarsi.
E la scelta di Géraldine Pailhas per interpretare la madre di Isabelle?
Dopo aver scelto Marine, ho cercato un'attrice abbastanza somigliante sul piano fisico da poter essere sua madre. Volevo una donna che emanasse naturalmente una vena materna. Conoscevo Géraldine, avevamo già lavorato insieme, aveva interpretato un piccolo ruolo in CINQUEPERDUE - FRAMMENTI DI VITA AMOROSA. Abbiamo fatto dei provini ed è andata subito benissimo: ho sentito che quella parte la toccava e che si proiettava nella storia. Era molto coinvolta nel film e ha avuto un atteggiamento davvero protettivo nei confronti di Marine. Era molto bello vederle, si è creata un'autentica complicità tra loro, senza alcuna rivalità.
Nessuna rivalità neanche con la moglie di Georges...
No, anzi, la moglie di Georges può persino riconoscersi in Isabelle. E anche l'attrice può fare altrettanto, Charlotte Rampling può identificarsi in Marine, e lo stesso può fare Géraldine del resto. Entrambe hanno iniziato la carriera di attrice molto giovani e sono state molto esposte. Avevo voglia che tutte le attrici attorno a Marine avessero un atteggiamento amorevole. Era importante per me che incarnassero qualcosa dell'ordine della trasmissione, del passaggio del testimone.
La scelta di Charlotte si è imposta come ovvia, soprattutto dopo aver scelto Marine. Ha interpretato numerosi ruoli trasgressivi, molto sessuati, è stata spesso percepita come l'incarnazione delle fantasie erotiche nel cinema ed era quindi l'attrice ideale per vestire i panni di questa donna che capisce Isabelle, che non la giudica. E quando l'accompagna nella camera, Charlotte continua a veicolare quella sua forza trasgressiva e pericolosa...
È una scena reale o immaginata da Isabelle?
L'ultima inquadratura può effettivamente indurre a credere che sia stata lei a immaginarla. Ma non ha importanza che sia sognata o reale: per Isabelle ha la stessa valenza riparatrice. Improvvisamente ha stabilito un dialogo, ha avuto uno scambio di verità che non avrebbe potuto avere con sua madre. E che probabilmente l'aiuta ad assumersi la responsabilità di quello che ha fatto.
E la scelta di Serge Hefez per interpretare lo psicanalista?
L'ho incontrato durante la scrittura della sceneggiatura, mentre svolgevo il lavoro di documentazione. Poi gli ho fatto leggere la sceneggiatura e gli ho chiesto di darmi un riscontro su alcuni punti, in particolare sull'atteggiamento dello psicoanalista quando Isabelle vuole pagare le sedute con i soldi dei suoi clienti. In quella fase avevo in mente alcuni attori conosciuti per il ruolo dello psicoanalista, ma Serge era talmente affascinante e intelligente che ho finito per proporlo a lui e ha accettato. Inoltre, per la scenografia, mi sono ispirato al suo vero studio e ci ha persino prestato le sue poltrone.
Durante i provini è stato molto bravo, ma trovavo che sorridesse un po' troppo. Lui però mi ha risposto che fa così anche nella realtà quando lavora con gli adolescenti. In generale, vanno in terapia controvoglia, costretti dai genitori. Quindi è importante per lui creare subito una complicità, fare il seduttivo, a rischio di entrare in conflitto con i genitori. Mi sono ispirato alla sua testimonianza per la scena in cui Isabelle e sua madre vanno dallo psicoanalista e lui prende palesemente le parti della ragazza.
Perché ha avuto voglia di filmare i liceali che recitano e poi commentano la poesia di Rimbaud?
In questo film volevo cogliere la fragilità e la bellezza dell’adolescenza. Eccetto Marine e gli attori che interpretano i suoi amici e il suo ragazzo, gli altri non sono attori, anzi, alcuni sono veri studenti del liceo Henri IV. Dopo che hanno recitato la poesia ho chiesto loro di analizzarla davanti al loro professore di letteratura francese e di dire quello che sentivano e spiegare come l'avevano analizzata. Non c'era niente di scritto, ho filmato la scena come se fosse un documentario.
Poco prima avevo rivisto QUESTA È LA MIA VITA, un film che parla anch'esso di gioventù e di prostituzione e nel quale Godard intervista delle vere prostitute. Anch'io avevo voglia di ancorare il mio film nella realtà e di ascoltare la voce e l'interpretazione di questi giovani di oggi, forse per scoprire se hanno la stessa visione che avevo io a diciassette anni.
FRANCOIS OZON

 



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