«Prima di decidere chi sono gli innocenti e i colpevoli, dovrebbe
almeno chiedersi come funziona il lavoro della Celere».
«Lei pensa che spaccare la faccia alla gente sia una cosa che mi piace? Quando sei lì, c’hai solo i tuoi fratelli accanto,
solo su quei fratelli puoi contare».
Il termine ACAB è l'espressione inizialmente usata dagli skinheads inglesi degli Anni Settanta e ora diffusa universalmente, sia a destra che a sinistra, per indicare l'odio provato nei confronti delle forze dell'ordine. ACAB racconta la parabola di tre celerini, Negro, Mazinga e Cobra, da sempre abituati al confronto quotidiano con la violenza di strada, che si rendono conto di essere intrappolati in un meccanismo perverso che li vuole quotidianamente carnefici e vittime di odio e violenza. Un cortocircuito che inevitabilmente si riflette nelle loro turbolente vite private: proprio quando sembra arrivare la resa dei conti, incontrano “il futuro” in una giovane recluta, Adriano, appena aggregata al loro reparto. L’educazione di Adriano alla legalità, all’ordine, all’applicazione anche violenta della legge è la lente per raccontare il controverso “reparto mobile” con un inedito sguardo dall’interno, sullo sfondo dei più sconcertanti episodi di violenza urbana accaduti in Italia negli ultimi anni, dal G8 di Genova fino alla morte di Gabriele Sandri.
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